Realizzata in occasione di Forme scenografiche della Televisione, Milano, Palazzo Reale, 1981 in collaborazione con il Centro di Video-arte di Palazzo dei Diamanti.
L'installazione a suo tempo non è stata documentata. Nel 2012, attraverso alcune foto e con l'aiuto di disegni ho ricostruito l'idea e i principi concettuali messi in evidenza dall'opera. Il pendolo, come metafora di tempo e spazio, viene analizzato per mezzo di un apparato video che ne ribalta le leggi naturali.
From left to right propone un'indagine sulla spazializzazione di suono-immagine.
Un violoncello, sul cui retro è installato un altoparlante che emette suoni dello strumento precedentemente registrati, si muove con moto oscillatorio sulla parete di fondo di un grande ambiente vuoto e semioscuro.
Il suono e il movimento dello strumento, attraverso piccole luci poste sul fianco del violoncello, vengono analizzati dalle telecamere che trasmettono ai monitor una lettura dell'evento scomposto nel tempo e nello spazio.
L'osservatore assiste contemporaneamente all'evento reale e alla sua trasformazione operata dal dispositivo audio-video.
In disegni sono visibili i vari progetti preparatori.
Estratto dal mio testo: Video memory di un artista da giovane.
Un'altra collaborazione indimenticabile con il Centro Video di Ferrara, è avvenuta per l'allestimento di una video installazione, From left to right. ( 1982) per la mostra “Forme scenografiche della televisione” alla Triennale di Milano.
Al centro dell'installazione il violoncello, ma questa volta suona da solo senza la mia presenza.
E' appeso ad una lunga asta. Un violoncello che oscilla come un pendolo.
“Ma come facciamo a creare il moto perpetuo?” chiedo a Giovanni Grandi in fase di realizzazione del progetto. “ ci vuole un motore elettrico” La risposta di Giovanni. Ma come per molte altri progetti, in quel periodo i soldi per comperare un motore non ci sono, ci si ingegna con quel che si trova. E Giovanni la soluzione la trova subito. Il violoncello in moto perpetuo oscillerà per mezzo di un vecchio motore di lavatrice.
L'idea di mettere in scena un oggetto sonoro in movimento ha origine dal mio desiderio di lavorare sulla spazializzazione del suono e di togliermi di mezzo come presenza fisica.
Lo spettatore che si troverà di fronte ad un violoncello che oscilla da destra a sinistra e contemporaneamente suona, visto che sul suo retro avevo installato un altoparlante, attiva un ascolto stereofonico.
Ma anche la vista è in qualche modo stereo.
A partire dal movimento di questo oggetto reale, un complesso sistema di telecamere e microfoni registra l'accadimento, ma coerente con il principio dello scardinare la realtà per poterla riconoscere, lo restituisce completamente rovesciato attraverso i monitor. L'immagine reale che oscilla da destra a sinistra, la vedremo nei monitor oscillare al contrario da sinistra a destra. Stessa inversione avviene con il suono.
A complicare il tutto un ulteriore ribaltamento: una telecamera esterna capovolta riprende l'insieme dei monitor e il violoncello sopra di loro, che appare però in posizione ribaltata con il risultato che lo strumento oscillante diventa il metronomo che scandisce il tempo della macchina.
Una macchina celibe del tempo, che nella semi oscurità della grande sala alla Triennale emana un fascino tutto particolare e un po' diabolico.
All'inaugurazione io non ci sono. C'è invece Gillo Dorfles che, mi è stato riferito, colpito dal mio lavoro continuava a chiedere. “ Ma dov'è l'artista? Voglio parlargli.”. E io stupidamente ho mancato all'appuntamento perché impegnato nella Biblioteca di Mira ad insegnare ai bambini come nasce un libro per l'infanzia (il mio modo di allora per guadagnare, visto che con il lavoro video non ho mai visto un soldo!) Il senso del dovere unito alla mia incapacità di cogliere certe opportunità che la vita ti offre mi ha impedito di incontrare Gillo Dorfles. L'episodio è emblematico di un mio problema. Mi piace molto di più il processo di progettazione e la creazione con tutti i suoi passaggi per raggiungere l'obiettivo. Quando poi vedo l'opera realizzata subentra la fase critica dei rapporti con gli altri, critici e non e l'entusiasmo si spegne. Salvo poi lamentarne la mancanza. Contraddizioni.