Il tempo consuma

european standard; master U-matic ¾; B/N; 5’20’’,

Approfondimenti

“Il tempo consuma le immagini, il tempo consuma i suoni”. Questa frase è scandita nel tempo con parole e movimenti da un “metronomo umano”. Nel monitor infatti attraverso cicliche sovrapposizioni si crea un’accelerazione del deterioramento dell’immagine e del suono; pochi minuti più tardi le parole e i movimenti si trasformano e perduta l'identità iniziale assumono un nuovo senso. Il video come accelerazione della realtà.

estratto del mio testo: Video memory di un artista da giovane

1978 l'invenzione del video loop d'autunno a Venezia.

Le invenzioni arrivano se uno le sta cercando.

Due sono i fatti che mi hanno portato alla creazione del video loop.
In quel periodo cercavo con determinazione un modo per ridurre a zero l'intervallo tra registrazione e possibilità di rivedere il registrato. In Looking ero riuscito a suonare con me stesso, ma dovevo riavvolgere il nastro per poterlo fare. Un Michele era vivo, l'altro no.
Desideravo che al dialogo con me stesso non si frapponessero ostacoli come il tempo di riavvolgimento del nastro, volevo che tutto avvenisse in un flusso continuo in tempo reale e per me era molto importante che di questo flusso ininterrotto fossero testimoni gli spettatori.
Da un lato quindi ero tutto teso a cercare una soluzione, dall'altro una apparente casualità mi ha offerto la chiave per risolvere il problema.
La Galleria del Cavallino d'autunno veniva chiusa al pubblico e aperta esclusivamente agli artisti per l'annuale laboratorio di produzione video. Si trafficava molto in quelle settimane con telecamere, monitor, trepiedi, nastri. Fermento e collaborazione tra artisti e tecnici. Tutti fanno tutto, così mi capita di aprire una nuova scatola che contiene un nastro vergine. Tolgo la bobina dal sacchetto di nylon e mi accorgo che all'interno della scatola c'è un pezzetto di nastro adesivo argentato, già tagliato a 45 gradi.
Sicuramente è stato predisposto dalla Sony per una effettuare una giunta in caso di rottura, mi dico. Un po' come quando nella confezione di un nuovo materassino da mare trovi la pezza per riparare il buco che prima o poi si farà. Per me invece quel pezzetto di nastro argentato ha un significato nuovo: non ripara una falla, ma apre ad una diversa possibilità e l'idea si fa strada.
Giuntare testa e coda di un segmento di nastro per ottenere un anello, un loop. L'operazione l'ho già fatta altre volte con i nastri audio, ma non avevo immaginato che si potesse fare anche con il nastro video.

La possibilità fa scattare nella mia mente nuove connessioni logiche e analogiche che subito traduco in disegni progettuali per un particolare sistema che sottopongo all'esame di Paolo e Andrea.
I due osservano e confabulano. ”Si, interessante, si può fare, dovrebbe funzionare. Domani proviamo”.
Quella notte ho aspettato che arrivasse il giorno con il desiderio di verificare se la mia idea fosse folle o praticabile.

Ora siamo in Galleria, un Portapack è al centro della sala, un secondo Portapack lo collochiamo a distanza di circa cinque passi verso il fondo dello spazio.
Andrea fa i vari collegamenti tra la telecamera, il monitor e i due registratori, come ho indicato nel mio disegno. Ora l'inizio del nastro passa per le testine di registrazione del primo registratore ma non va, come abitualmente a riavvolgersi nella seconda bobina vuota (eliminazione del riavvolgimento) esce libero e viene teso nello spazio per 5 metri circa fino raggiungere il secondo Portapack. Passa sulle testine di lettura, per poi tornare al punto di partenza, alla bobina del primo registratore.
Adesso per poter eliminare la bobina, che nelle sue spire contiene il “vecchio” tempo lineare, taglio il nastro e, fase delicata perché assolutamente nuova, congiungo la fine con l'inizio del segmento di nastro, ottenendo così l'anello che girerà potenzialmente all'infinito visto che non c'è più né fine nè inizio.
Allontanando con delicatezza uno dei due registratori dall'altro, cerchiamo la giusta distanza; l'anello prima floscio si mette in tensione e finalmente possiamo far partire la macchina del “tempo nuovo ”.

1, 2, 3 via! In sincrono due operatori, vista la distanza tra i due registratori, pigiano i tasti dei due Portapak: uno è in Rec l'altro in Play. Il Loop parte e inizia a fare il suo dovere. Ora vediamo che succede.
Non ricordo quali siano state le mie prime azioni di verifica per capire se quello che avevo pensato rispondesse a quello che avevo desiderato. Forse ho banalmente mosso la testa e detto qualcosa di fronte alla telecamera e dopo qualche secondo il sistema muove la testa e dice qualcosa sullo schermo alle mie spalle . “che bello, funziona!”
E il sistema, ripete “che bello funziona!”
E i commenti dall'esterno di Andrea e Paolo entrano in gioco e si ripetono, ripetono, ripetono, e si accavallano e non si capisce cosa si è detto prima e cosa dopo. Un caos promettente.
Eccitazione e stupore. Faccio memoria al lettore che siamo nel '78 e il loop non invadeva le nostre vite come accade ora. Era un'esperienza strana , il loop video poi non s'era mai visto.
“Maestro, domani facciamo un nuovo video con questo sistema diabolico” dice Paolo con la pipa sempre tra i denti. La notte l'ho passata tra l'eccitazione per il nuovo gioco e il panico di saperlo usare bene.
Il giorno dopo registriamo VTR &I. C'è anche Claudio Ambrosini, venuto ad aiutarmi a domare la nuova “bestia”, affascinante e spaventosa come una Gorgone.

Oggi a distanza di 43 anni il nuovo sistema non è più nuovo e pur avendolo usato tante volte mantiene inalterato il suo fascino e la sua inafferrabilità.

Come funziona tecnicamente il video loop l'ho spiegato tante volte e a seguire lo farò una volta ancora.

Che cosa può produrre lo si può constatare dai miei video realizzati con questo sistema.
Quale sia il suo senso profondo lo dice il fatto che il videoloop ha cambiato il mio modo di intendere l'arte e la vita.
Nel mio percorso artistico c'è un prima e un dopo Il tempo consuma, il lavoro più rappresentativo realizzato con questo sistema.
C'è un'immagine che nonostante la sua banalità ben rappresenta l'idea: il sasso che cade sulla superficie d'acqua e produce cerchi concentrici in espansione verso l'infinito.
Il tempo consuma è il sasso, la superficie fluida è la mia arte/vita, l'infinito va oltre la mia fine.

Detto questo mi correggo: non c'è prima e non c'è dopo, tutto è ora.

Nel video-loop “ora” è un tempo limitato ai 30 secondi dell'anello, non la somma di tempi disposti uno di seguito all'altro a formare la sequenza di una vita, bensì uno sopra l'altro che si stratificano creando l'idea di un tempo verticale, di un istante duraturo.

Il tempo consuma mette in relazione soluzioni tecniche che diventano questioni filosofiche o sono le questioni filosofiche che trovano le soluzioni tecniche per essere espresse? Domanda inutile visto che non c'è prima e non c'è dopo, tutto è ora, tutto è unito.

L'obiettivo della telecamera inquadra esattamente la superficie del monitor. Riprende cioè ciò che lei stessa trasmette e il monitor trasmette ciò che la telecamera riprende.Questa azione è la così detta mise in abime, il gioco degli specchi che ha affascinato tanti artisti. L'autoritratto di se stessi con tavolozza in mano mentre si sta facendo il proprio ritratto con tavolozza in mano … o la mano con la matita in mano che sta disegnando la mano con la matita in mano che sta disegnando….Ma nel videoloop questo è solo il punto di partenza.
Negli esempi citati le immagini sono statiche mentre il video è immagine in movimento. Per avere movimento devi mettere in gioco il tempo ed ecco che questo tempo è determinato dal segmento di nastro che costituisce il loop.

Dal momento che abbiamo unito la testa alla coda il loop oltre ad essere concretamente un nastro ad anello è anche un concetto.

Lo spazio di azione del performer è esclusivamente all'interno del cono o meglio della piramide che partendo dalla base rettangolare dello schermo ha il suo vertice nell'obiettivo. Solo all'interno di questo spazio limitato avviene il processo. Spazio limitato e tempo limitato ai 30” del nastro.
Da questo micro cosmo concentrato nasce la possibilità di alterare la realtà. Nella realtà ho un solo volto e una sola voce in VTR&I posso avere molti volti e molte voci. Questo dicevo nel testo e di presentazione al primo video loop.
Il sistema ha idealmente una tensione all'infinito. Il loop per la sua natura priva di inizio e fine è assimilabile ad un moto perpetuo. Ma che cosa accade alle immagini e ai suoni catturati dal dispositivo ?
Anche il processo è in continua evoluzione, una inesorabile trasformazione operata dal sistema. Qualsiasi azione sonora venga fatta all'interno del cono/piramide col passare del tempo perde la sua identità iniziale e si consuma progressivamente.

Il tempo consuma mette in atto in modo esemplare questo processo.

All'inizio del video il mio volto si somma ad altri miei volti in oscillazione. E' il volto di Michele Sambin ma basta aspettare qualche minuto e l'identità di Michele scompare trasformandosi in un volto anonimo e più avanti ancora in ombra oscillante memoria ritmica visivo/sonora del Michele che l'ha generata.
Un processo di astrazione automatico.

E' un po' come dare gesti e suoni in pasto ad un'entità che accelera il processo di trasformazione e di accelerazione del tempo, tanto che in pochi minuti sembra passino anni. Questo fenomeno lo si può chiaramente constatare in un altro video loop Anche le mani invecchiano.

Nella maggior parte dei lavori realizzati con questo dispositivo la mia azione è concentrata in dialoghi con me stesso, sonori, verbali, gestuali di breve durata alla fine dei quali esco dal cono e lascio che sia la macchina a continuare il processo. Nelle performance avveniva che andassi a sedere tra gli spettatori condividendo con loro l'osservazione della trasformazione.

In altri casi come in Sax soprano dopo un primo dialogo sonoro intervenivo su alcune variabili: lo zoom della telecamera o il contrasto del monitor. Quello che accade facendo una piccola variazione di zoom in avvicinamento è che ad ogni giro di loop la macchina procede automaticamente a successivi avvicinamenti riducendo l'inquadratura ad una piccola porzione dello schermo con conseguente ingrandimento dell'immagine. Con la stessa logica intervenendo su un aumento di contrasto del monitor ad ogni giro i grigi tendono a scomparire progressivamente fino ad arrivare ad immagini completamente in bianco e nero senza mezzi toni.

Dopo aver lasciato che la macchina procedesse nell'attuazione di queste variazioni tornavo all'interno del cono e riprendevo il dialogo con le immagini “trattate” mettendo così in relazione vecchie azioni con azioni nuove.


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